piedaesanzves: gennaio 2013

martedì 29 gennaio 2013

Mattew E. White - Big Inner


Anche da adulto faccio oooh

Fin quando continuerò a meravigliarmi come un bambino davanti ad una cosa nuova, possa questa essere il mare, una conchiglia, i fuochi d'artificio o il pongo... vorrà dire che sono ancora vivo. Lo stupore che provo ogni volta che ascolto un disco è una stilla di vita e di gioia che mi fa essere più vivo che mai e un grido di stupore (oooooh), lo emetto veramente ogniqualvolta mi si presentano dischi come questo. I riferimenti musicali presenti in questo Big Inner sono tanti e potrei perdermi cercando di annotarli tutti, quindi non penso a quanti e quali gruppi si ritrovino in queste canzoni, quanto alle reminescenze care ed alle amate sonorità che hanno accompagnato la mia vita. Per utilizzare ancora a paragone l'animo dei bambini, l'esempio che più si avvicina a quello che provo è legato ai peluches.
Da piccolo avevo i miei animaletti, non erano soffici e morbidi come quelli di oggi, anzi erano fatti di fil di ferro e paglia, ma l'importante non era la sofficità, quanto poterli avere accanto. Ora quegli animaletti, ai quali avevo affidato nomi improbabili, giacciono chissà dove ma riguardando l'attaccamento che mio figlio ha avuto ai suoi, ecco che capisco che non mi mancano i miei peluches ma attraverso i suoi, riesco a rivivere il mio attaccamento verso i miei; è quella sensazione che non mi abbandonerà mai, quella intimità tutta mia che avevo costruito con i miei pupazzi, una cosa unica ed esclusiva,  un meccanismo all'interno del quale nessuno poteva entrare, lo stesso che riesco da sempre ad instaurare con la musica alla quale rivelo cose così intime e collego emozioni che riaffiorano quando ascolto qualcosa vicino ad un certo sound. Quindi non è nostalgia, non è rimpianto, non è ricordo, è solo ri-vivere di nuovo quelle emozioni, provate più volte in un periodo diverso della mia vita, sentirle più vive che mai, semtire che mi mancano ma avvertire che sono le stesse, che posso ancora provarle, emozioni che assumono colori e sapori diversi ma che producono lo stesso calore e lo stesso abbraccio di sempre. Mi continuo a stupire per sonorità nuove e vecchie e per dischi come questo che trasudano un amore viscerale per la musica che mi penetra in profondità, che mi riempie, che mi lascia con la paura che possa finire ma con la certezza salvifica che questa musica c'è e rimarrà sempre accanto a me.



venerdì 25 gennaio 2013

Un omaggio ad un grande uomo libero





Avevo 10 anni, in casa mia c’erano 4 dischi: Azzurro di Celentano (classico), La buona novella di De Andrè (che non sono mai riuscito ad apprezzare),  Jannacci Enzo di Jannacci (adorabile), e Far finta di essere sani di Giorgio Gaber.

A quell’età non potevo capire la musica ed i testi di quel disco, ma me ne innamorai perdutamente fino a consumarlo, fino a conoscerne persino i click dovuti dall’usura degli ascolti.

Crescendo quell’amore si è amplificato ed è maturato, ho incominciato a comprenderne i testi e quelle canzoni e quei monologhi mi hanno fatto entrare in sintonia con quell’uomo che diceva delle cose col sorriso sulle labbra, ma cose vere che dicevano dell’uomo, dicevano di me, descrivevano le paure, le emozioni, le senzazioni, le gioie e la rabbia che sono dentro ognuno di noi. Mi ci sono ritrovato, mi sono scoperto, mi sono aperto al mondo e in quelle parole e musica ho trovato insegnamento, confronto, consolazione e una grande affinità.

Ho avuto la fortuna di sedermi ad un tavolo con lui e quell’ora passata in sua compagnia me lo ha rivelato per quello che pensavo fosse, un uomo libero, con tutti i limiti, le fobie e i sogni di ognuno di noi ma con una lucida lettura dell’uomo, della vita e del contesto temporale e sociale in cui era immerso. A distanza di anni le sue canzoni sono rimaste attuali e vive, nel tempo, riproponendole nei suoi spettacoli, ha cambiato alcune parole, alcuni nomi per poterle contestualizzare ma le canzoni ed i temi trattati, quelli, sono rimasti vivi e veri a tutt’oggi. Raccontava con parole e musica, parlava dell’uomo leggendosi dentro, guardandolo dal di fuori, una volta ha immaginato di essere dio, rideva, ci giocava sopra facendomi sorridere, gettandomi nello sconforto, lasciandomi a bocca aperta a meravigliarmi di qualunque parola, nota bassa, gesto uscisse da quel suo esile corpo.

Ho partecipato ad alcuni dei suoi spettacoli e non dimenticherò mai i suoi movimenti, le sue smorfie e quella voce che ti entrava dentro, una voce che più volte mi è venuto da paragonare alla schiuma della sua Shampoo, una voce dentro la quale era facile abbandonarsi e lasciarsi trasportare. Giorgio Gaber mi è stato da maestro per 40 anni e continuerà a farlo, non posso dire se grazie a lui ora sono un uomo migliore, ma sicuramente Giorgio Gaber ha contribuito in maniera massiccia a fare di me quello che sono, a darmi una lettura della realtà e del grande cosmo umano, sicuramente senza di lui sarei un uomo diverso e per questo lo ringrazio infinitamente, è e resterà una delle figure "pilastro" della mia vita.

Grazie G.




Para(disk)noyd!




A volte sono preso dallo sconforto al pensiero di avere di già ascoltato tutto quanto di bello la musica aveva da offrire e questo accade, ogni gennaio, da più di trent'anni. Ho il terrore che non ci sia più niente di bello da ascoltare, che le combinazioni infinite di quelle benedette dodici note (compresi i diesis e i bemolle), non siano poi tanto infinite e che alla fine ci si possa appiattire in un monotono ronzio di sottofondo. Mi chiedo per quanto tempo si potrà continuare a creare musica, se sia questo l'anno in cui tutto finirà, se ci sarà mai più qualcosa che mi potrà emozionare, esaltare, commuovere, darmi piacere... ed ogni anno, come per magia vengo sommerso e ricolmato di suoni, colori, emozioni, sensazioni che mi restituiscono la speranza e la vita.

Non so se un giorno la musica finirà, forse si, ma ho ancora un intero anno per godermi quello che gruppi e cantanti, noti, meno noti, emergenti, sconosciuti, ritornati, emarginati hanno da offrirmi e regalarmi, tanta musica e tanti dischi da scoprire, dischi da ascoltare, dischi dei quali innamorarmi, dischi per piangere, dischi per ballare, dischi per pensare, dischi per ricordare, dischi per sperare, dischi per guidare, dischi da programmare, dischi da condividere, dischi per respirare, dischi per sfogarmi, dischi per affrontare i momenti belli, dischi per camminare, dischi per cantare, dischi per affrontare i momenti brutti, dischi per sconfiggere la noia, dischi per addormentarmi, dischi per svegliarmi, dischi per gioire, dischi per urlare, dischi da far conoscere, dischi attraverso i quali poter parlare, comunicare quello che provo e tutto quello che realmente sono, che alla fine, riesco a trasmettere solamente con la musica.

Grazie a tutti quelli che mi hanno regalato musica, a tutti quelli che continueranno a farlo e a tutti quelli che condivideranno insieme a me le stesse emozioni.

I primi dischi del 2013 sono arrivati... e adesso posso davvero augurare a tutti un BUON ANNO!

giovedì 24 gennaio 2013

Keaton Henson - Dear


Nessuno uscirà vivo da qui

Keaton Henson mi ha strappato l'anima. Disarmante e lacerante. Dear ascolto dopo ascolto, mi svuota completamente, mi prosciuga, mi lascia come una marionetta senza più fili a sorreggerla, mi squarcia lasciandomi agonizzante e nonostante questo non riesco a smettere di ascoltarlo. Come può un disco avere un effetto tale su di me, come può la musica suscitare emozioni tali da condizionare i miei pensieri e le mie azioni, come posso sfuggire a tutto questo? Come una barca alla deriva dopo una tempesta in balia dei venti e delle correnti, come uno degli alberi che oggi vengono scossi dal vento e colpiti dalla pioggia senza potervi opporre resistenza, come un gelo che mi stringe sempre più nella sua morsa, come una forza esterna che comprime tutti i miei principali organi interni... eppure non riesco a farne a meno, non riesco a smettere di ascoltarlo. Ho come l'impressione di provare un piacere sadico nel farmi scorticare a sangue dalle canzoni di Dear, nell'abbandonarmi anima e corpo al suo incedere e nell'annullarmi completamente dentro la sua musica ed alle sue parole. Keaton è un artista, un illustratore, ha fatto solo un unico concerto nella sua vita che non è più riuscito a bissare a causa delle sue crisi di panico, in questo disco non doveva dimostrare niente se non che ha aperto il suo cuore e squarciato il mio. La voce di Keaton mi pervade, mi penetra, mi sussurra e trasmette emozioni indescrivibili, la chitarra, utilizzata per lo più in fingerpicking, insieme ad altri pochi strumenti è una lama che penetra dolcemente nella carne, non ne avverto il dolore se non quando, alla fine dell'ascolto, mi ritrovo ogni volta, irrimediabilmente, con ferite aperte brucianti e pulsanti. Keaton parla di sè in maniera pura, diretta, incontaminata, apre il suo cuore, la sua anima e lascia che le sue emozioni, le sue paure, le sue senzazioni entrino dentro di me come in una trasfusione sanguigna da vena a vena. Questo disco mi fa paura ma ne sono allo stesso tempo attirato, affascinato ed estasiato, pura poesia musicale, di quella che non ascoltavo da tempo, di quella che non lascia scampo di quella che mi può far pronunciare la frase "nessuno uscirà vivo da qui".



lunedì 7 gennaio 2013

Quei soliti 10


Quante più classifiche dei migliori dischi del 2012 leggo tanto più mi sorge spontaneo domandarmi che cosa sia cambiato negli ultimi 30 anni di musica.
A che serve che qualche trentenne (tipo Kristian Matsson) continui a fare dischi se i primi 10 posti della classifica sono sempre occupati da settantenni, sessantenni e cinquantenni?
E che gli stessi vengano citati in ognissanta recensione dove si parli di qualche giovane artista emergente?
Mi chiedo se manchi il coraggio di esporsi troppo confessando che piacciano alcuni dischi che si distaccano dall'ortodossia imperante o se ci sia comunque il bisogno di rimanere legati a vita sempre alle stesse figure, agli stessi suoni e alle stesse nenie, incantati a riascoltare a nastro una fiaba rassicurante, sempre quella per migliaia di volte, come accade quando siamo piccoli.
Insomma, mi piacerebbe leggere di dischi che mi sono perso, che per altri sono stati significativi, dischi per i quali rischierei anche un acquisto ad occhi chiusi.

Forse questo non accadrà mai, forse mi illudo che possa succedere, forse sono l'uomo più reazionario e conservatore del mondo... ma cazzo dietro quei dieci posti c'è un universo musicale che si muove, che ricrea, che reinventa, che sputa l'anima, che ci prova nonostante le distribuzioni scalcagnate, le autoproduzioni a costo bassissimo, i locali che pagano sempre meno, ci prova e regala emozioni, io cerco qualcosa di diverso da quei soliti 10, vi chiedo solo di dirmi se c'è quel qualcosa o se sto sbagliando tutto. Grazie.